La sfida dell’Ing. Bombassei tra impresa, ricerca e società

Ing. Bombassei, il successo di Brembo è stato accompagnato dal costante impegno a sostenere progetti sociali e formativi. La sua visione personale ha permesso di precorrere i processi di ricerca e innovazione, dalla nascita e dallo sviluppo del Kilometro Rosso alla creazione (nell’anno della pandemia, insieme a Persico e Radici) del fondo Cysero. Quali sono le strategie per indirizzare proficuamente gli investimenti in queste direzioni?
Un aspetto importante credo sia non avere come priorità un ritorno dell’investimento in tempi brevi ma premiare la prospettiva industriale, garantire una visione del futuro. Anche Brembo in fondo è nata su quest’idea così come Kilometro Rosso e anche, in qualche misura, Cysero. Certamente Brembo ha sempre creduto all’innovazione quale leva per costruire il proprio successo e sostenere la propria crescita. Kilometro Rosso invece è nato con l’obiettivo di creare le condizioni perché questo approccio fosse possibile anche per altre aziende. Abbiamo voluto creare le condizioni per rendere fertile il nostro territorio e l’intero paese seminando innovazione.  Oggi Kilometro Rosso è un punto di riferimento nel cuore manifatturiero del Paese, con 2500 persone che animano il Parco. I ricercatori hanno la possibilità di condividere e sfidare le loro idee, di trovare supporto per i loro progetti.

Negli ultimi dieci anni il Kilometro Rosso ha raggiunto un consolidato di 850 brevetti e 60 invenzioni l’anno, sviluppate dalle 80 aziende insediate. Cysero è invece il primo fondo di venture capital a matrice industriale. È orientato a supportare le tante aziende italiane di qualità nel campo della robotica e della cybersecurity. Vogliamo convertire in solidi progetti industriali la ricchezza di questi settori in Italia. Con me, oltre agli amici Angelo Radici e Pierino Persico, hanno creduto all’iniziativa altre famiglie imprenditoriali dei nostri territori: tra gli altri, i Fassi, i Cogliati, i Pasini. Investire in startup e PMI con forti prospettive industriali mi pare un modo che gli imprenditori più coraggiosi possono utilizzare per declinare concretamente il momento del give back, per condividere il successo delle loro imprese con la collettività.

Risorse umane e intelligenza artificiale, come coniugarli?
È un tema su cui il mondo intero si interroga, nessuno ha la soluzione in tasca. Credo però che l’intelligenza artificiale e il lavoro umano non siano necessariamente in conflitto. Certo, la direzione di questa relazione dipenderà da come l’IA viene implementata e gestita. E se saremo capaci di regolarne l’utilizzo su scala mondiale. Su quest’ultimo punto non mi pare che la comunità internazionale dia segnali confortanti. La sfida è ridurre i tempi in cui si riuscirà a sostituire le vecchie competenze con quelle nuove penalizzando il meno possibile chi non è in grado di mettersi al passo. È inevitabile, infatti, che si rendano necessarie capacità e professionalità nuove e che si debba compiere ogni sforzo per crearle in tempi brevi. La velocità di sviluppo della tecnologia è tale che non sarà facile gestirne gli effetti. E la direzione per provarci è quella dell’apprendimento permanente e di una crescente centralità della ricerca e dell’innovazione.

Le sfide dell’innovazione tecnologica riguardano in modo particolare la sanità. Lei ha assunto la presidenza di FROM sottolineando la necessità di una maggiore collaborazione tra ricerca e impresa. Come sta vivendo questa esperienza e quali traguardi spera di vedere raggiunti?
Obiettivo primario della FROM è sempre più quello di fare ricerca di qualità confermando la propria capacità di attrarre finanziamenti da parte di enti, sia istituzionali che privati. Per far questo stiamo investendo in tecnologia e organizzazione per accrescere il nostro livello reputazionale in un contesto di grande competitività. Ci stiamo muovendo su progetti che sono frutto sia di un’intuizione dei nostri medici sia di collaborazioni con network internazionali. Le nostre linee strategiche per il futuro prevedono sempre un maggior interesse per lo sviluppo applicativo di nuove tecnologie. Questo approccio è orientato allo sviluppo di progetti innovativi in grado di rispondere a quesiti scientifici ma al contempo attenti alle esigenze dei pazienti che sempre più diventeranno parte attiva nello sviluppo delle nuove terapie.

Recentemente lei ha incontrato Stephanie Urchick, Presidente del Rotary International, in occasione della sua visita all’Ospedale Papa Giovanni XXIII. Quali impressioni ha riportato?
Ricordo di esserle stato seduto accanto e ho notato l’attenzione con cui ascoltava la presentazione dell’ospedale e su quanto era stato fatto durante la pandemia anche per merito del Rotary. Ha visitato il reparto di terapia intensiva neonatale (diretto da Giovanna Mangili, ndr), commuovendosi visibilmente e lodando l’opera dei rotariani bergamaschi per la salute.

In veste di rotariano, quali ritiene siano, allo stato attuale, gli obiettivi primari da perseguire per un avanzamento del sapere e delle competenze?
Siamo nell’epoca della specializzazione ma forse, mai come oggi, c’è una forte necessità di coltivare conoscenze trasversali, di tornare a collegare i saperi. Credo che un approccio olistico alla conoscenza sarà molto utile per gestire le possibili crisi che, in un mondo sempre più conflittuale, anche un utilizzo sbagliato delle nuove tecnologie potrebbe innescare.

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